Permessi per la Legge 104/1992 ai conviventi more uxorio

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E’ uscita la newsletter n. 21 di settembre 2016

Con la Sentenza 213/2016 la Corte costituzionale ha apportato importanti novità in materia di permessi per assistenza ai disabili.
La materia è regolata dalla legge 104/1992 e, all’art. 33 comma 3 rubricato «Agevolazioni» prevede che, a condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno, il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa.
La questione è nata dal caso di una lavoratrice dipendente che si è vista negare il permesso per assistere il convivente more uxorio affetto da morbo di Parkinson.
Il Tribunale ha rimesso la questione alla Corte costituzionale.
Ricordiamo che la stessa Corte, nel 2009, nell’affrontare questione analoga sollevata dal Tribunale di Savona, ne aveva dichiarato manifesta inammissibilità.
In questo caso gli esiti sono stati assolutamente differenti, la Corte ha infatti dichiarato l’illegittimità dell’art. 33 comma 3 della 104/1992 nella parte in cui non include il convivente tra i soggetti legittimati a fruire del permesso mensile retribuito per l’assistenza alla persona con handicap in situazione di gravità, in alternativa al coniuge, parente o affine entro il secondo grado.
La motivazione della corte parte da quella che è la ratio legis della 104/92 ed in particolare del diritto al permesso mensile retribuito che, come per il congedo straordinario, è individuata nell'”assicurare in via prioritaria la continuità nelle cure e nell’assistenza del disabile che si realizzano in ambito familiare”.
La legge 104 persegue dunque la tutela della salute psico-fisica del disabile che, quale diritto fondamentale dell’individuo tutelato dall’art. 32 Cost., rientra tra i diritti inviolabili che la Repubblica riconosce e garantisce all’uomo, sia come singolo che nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità (art. 2 Cost.) (ricordiamo che per formazione sociale si deve intendere ogni forma di comunità).
La Corte ritiene dunque irragionevole che, nell’elencazione dei soggetti legittimati a fruire del permesso mensile retribuito, non sia incluso il convivente della persona con handicap in situazione di gravità.
L’art. 3 Cost. va qui invocato, dunque, non per la sua portata eguagliatrice, restando comunque diversificata la condizione del coniuge da quella del convivente, ma per la contraddittorietà
logica della esclusione del convivente dalla previsione di una norma che ha come finalità quella di tutelare il diritto alla salute psico-fisica del disabile, finalità che in questo caso costituisce l’elemento che unifica la situazione di assistenza da parte del coniuge o del familiare di secondo grado e quella fornita dal convivente.
Escludere il convivente dalla categoria significherebbe comprimere irragionevolmente il diritto del portatore di handicap di ricevere assistenza nell’ambito della sua comunità di vita, non in ragione di una obiettiva carenza di soggetti portatori di un rapporto qualificato sul piano affettivo, ma in funzione di un dato “normativo” rappresentato dal mero rapporto di parentela o di coniugio.
L’art 33 quindi violerebbe l’art 3 Cost per irragionevolezza e gli artt. 2 e 32 per il diritto alla salute psico-fisica del disabile grave sia come singolo che nelle società.
La Corte Costituzione include ed equipara quindi il convivente ai soggetti legittimati a fruire del permesso mensile retribuito per l’assistenza alla persona con handicap in situazione di gravità (coniuge, parente o affine entro il secondo grado).

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