Norme che prevedono il prolungamento dell’attività lavorativa su base volontaria

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OPZIONI FINO A 65 ANNI

Le opzioni di seguito riportate sono divenute oramai inapplicabili per i dipendenti pubblici per effetto dell’innalzamento dell’età pensionabile che ha superato il sessantacinquesimo anno di età per entrambi i sessi.

Legge 54 Del 26.02.1982

L’art. 6 del d.l. 22.12.81 n. 791, come sostituito nella legge di conversione n. 54 del 26.2.82, prevede la possibilità di continuare il servizio fino al 65esimo anno di età nel caso il cui :

• il dipendente non abbia raggiunto l’anzianità contributiva massima utile

• – non sia stata erogata o non sia stata richiesta la liquidazione di una pensione ( a qualsiasi titolo) a carico dell’INPS o di altri Fondi sostitutivi, esclusivi od esonerativi dell’assicurazione generale obbligatoria.

Legge 407 Del 29.12.1990

L’art. 6 della L. 29.12.90 n. 407 prevede la possibilità di restare in servizio fino al 62° anno di età anche nel caso in cui sia stato maturato il limite massimo di servizio (40 anni) e sempreché l’iscritto non abbia ottenuto o non richieda la liquidazione di una pensione di vecchiaia.

Il comma 2 dell’art. 1 del dlgs 503/92 ha elevato il limite di età previsto dalla legge 407/90 fino a 65 anni.

Parità Uomo –Donna

Ai sensi dell’art. 4 della L. 903 del 1977 è data facoltà ai dipendenti di sesso femminile di optare per la continuazione del servizio fino agli stessi limiti previsti per gli uomini. La sentenza della Corte Costituzionale n. 498/88 ha svincolato l’esercizio di tale facoltà da qualsiasi termine temporale e non lo ha sottoposto alla autorizzazione discrezionale del datore di lavoro.

Con sentenza n. 275 del 19.10.2009, la Corte Costituzionale ha affermato che la donna che intende proseguire il rapporto di lavoro oltre il sessantesimo anno di età non è soggetta all’obbligo di dare tempestiva comunicazione della propria intenzione al datore di lavoro.

Con la suddetta sentenza la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 30 del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198 (Codice delle pari opportunità tra uomo e donna), nella parte in cui prevede, a carico della lavoratrice l’obbligo di dare comunicazione almeno tre mesi prima della data di perfezionamento del diritto dalla pensione di vecchiaia.

E’ pertanto la scelta della donna di accedere al pensionamento anticipato quella eventuale e non più quella del proseguimento del rapporto sino al 65° anno di età: per meglio dire, il proseguimento della attività lavorativa fino al 65° anno è l’ipotesi normale anche per la donna, mentre l’eccezione risulta essere quella del pensionamento anticipato per il quale deve essersi una espressa manifestazione di volontà da parte della lavoratrice.

TRATTENIMENTO IN SERVIZIO OLTRE L’ETA’ PENSIONABILE

Evoluzione della normativa:

Con l’art. 16 del D.Lgs n. 503 del 1992 viene data la possibilità, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge delega del 23.10.92 n. 421 (14.11.92) di permanere in servizio per un periodo massimo di un biennio oltre i limiti di età per il collocamento a riposo previsto dai rispettivi ordinamenti.

La Ragioneria Generale dello Stato e la Presidenza del Consiglio dei Ministri hanno specificato che interessati al provvedimento sono i dipendenti di tutto il comparto pubblico.

La norma non prevedeva alcun onere o condizione, per cui l’ente datore di lavoro non poteva opporsi alla richiesta del dipendente; l’unica eccezione a tale regola generale si aveva quando il dipendente aveva già usufruito, in virtù di leggi speciali di un trattenimento in servizio. (L. 407/90 – L. 54/82 ecc.)

Vi era la possibilità per il dipendente di dimettersi in qualsiasi momento prima che fossero trascorsi i due anni di proroga.

I commi da 7 a 10 dell’art. 72 del decreto legge n. 112 del 2008, convertito nella Legge n. 133/2008 hanno innovato la disciplina di cui all’art. 16 del D.Lgs n. 503 del 1992, modificando il regime dei trattenimenti in servizio.

In base al nuovo regime l’istanza di trattenimento è soggetta a valutazione discrezionale del datore di lavoro.

La valutazione dell’amministrazione deve tenere conto di alcune condizioni oggettive: le esigenze organizzative e funzionali dell’amministrazione, la particolare esperienza professionale acquisita dal richiedente in determinati o specifici ambiti e l’efficiente andamento dei servizi. La presidenza dle Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Funzione Pubblica ( Circolare n. 10 del 20.10.2008 e Circolare n. 2 del 8/3/2012,) ritiene opportuno che ciascuna amministrazione adotti preventivamente i criteri generali per regolare i trattenimenti in servizio, in modo da evitare condotte contraddittorie o incoerenti.

In base alla normativa vigente anche la durata dell’eventuale trattenimento è soggetta a discrezionalità dell’amministrazione. Il citato art. 16 del D.lgs. 503/92 stabilisce che il trattenimento può avere la durata massima di un biennio. Il lavoratore, sulla base della precedente normativa, aveva facoltà di permanere anche per un periodo inferiore , previa comunicazione al datore di lavoro nel rispetto dei termini di preavviso.

Considerato che in base alla normativa vigente il trattenimento viene disposto in relazione alle esigenze organizzative della amministrazione e che il citato art. 16 stabilisce che esso può avere la durata massima di un biennio, lo stesso può essere accordato dall’amministrazione anche per un periodo inferiore al biennio.

Si segnala che l’art. 16 del DL 503/92 è stato nuovamente modificato dall’art. 1 del d.l. 138 del 2011, convertito in L. 111/2011. Con tale intervento è stata valorizzata la discrezionalità nella concessione del trattamento da parte dell’ente.

Anche la recente sentenza del Consiglio di Stato n. 1672 del 26 marzo 2013 conferma che la vigente normativa non riconosce più un diritto soggettivo alla permanenza in servizio del pubblico dipendente, ma prevede che l’istanza vada valutata discrezionalmente dall’amministrazione. All’esito dell’esame istruttorio l’ente ha facoltà di accoglierla solo in presenza di specifici presupposti legati ai profili organizzativi propri dell’ente e alla specifica situazione soggettiva ed oggettiva del dipendente.

Pertanto, rileva il Consiglio di Stato, l’istituto del trattenimento in servizio ha assunto un carattere di eccezionalità in considerazione delle generali esigenze di contenimento della spesa pubblica; ne consegue che l’ipotesi ordinaria è quella della mancata attivazione del trattenimento (ipotesi ricorrendo la quale l’onere motivazionale gravante sull’amministrazione sarà limitato all’insussistenza di particolari esigenze organizzative e funzionali le quali inducano a decidere in tal senso) mentre all’ipotesi di trattenimento sarà da riconoscere carattere di eccezionalità, con la necessità di esplicitare in modo adeguato le relative ragioni giustificatrici, conferendo rilievo preminente alle esigenze dell’amministrazione intese in senso lato.

Oltre i 65 anni di età per maturare il diritto a pensione

I lavoratori non ancora pensionati e non ancora in possesso dei requisiti per ottenere la pensione di vecchiaia possono continuare a prestare la loro opera anche oltre il 65° anno di età

La sentenza della Corte Costituzionale n. 90 del 21 febbraio – 9 marzo 1992 (illegittimità costituzionale art. 53 DPR 761/79 personale dipendente Servizio sanitario nazionale), la sentenza n. 282/1991 (che ha per destinatari i dipendenti statali) hanno sancito la possibilità di trattenimento in servizio dei dipendenti pubblici, ultrasessantacinquenni privi dell’anzianità minima per il diritto a pensione . La Presidenza del Consiglio dei Ministri, – Dipartimento Funzione pubblica , con propria circolare ha stabilito che il dipendente statale che al compimento del 65° anno di età non maturi la prescritta anzianità per il diritto alla pensione di vecchiaia, compresi i periodi riscattati, computati o ricongiunti con provvedimento formale ai fini di quiescenza, hanno titolo a presentare un’apposita domanda all’amministrazione di appartenenza con la quale richiedere di permanere in servizio esclusivamente per maturare la predetta anzianità per conseguire il diritto al minimo trattamento pensionistico. Il trattenimento in servizio non può superare il limite del compimento del settantesimo anno di età. (limite soggetto agli adeguamenti alla speranza di vita)

Si segnala inoltre la recente sentenza della Corte Costituzionale n. 33 del 6.3.2013 . Tale sentenza ribadisce la necessità di tutela del bene primario del conseguimento del diritto alla pensione con riferimento a coloro che non abbiano raggiunto la contribuzione minima per il suo conseguimento.La Corte ribadisce inoltre che il bene costituzionalmente protetto è solo quello che tutela il conseguimento del minimo pensionistico, mentre non gode di analoga protezione l’incremento del trattamento di quiescenza (ordinanza n. 57 del 1992) o il raggiungimento del massimo ( sentenza n. 227 del 1997 ed ordinanza n. 195 del 2000)”.

La Presidenza del Consiglio dei Ministri, con nota del 4.4.2013 risponde ad un quesito, in merito alla possibilità di trattenimento in servizio del dipendente oltre i limiti di età per mancato raggiungimento del minimo contributivo.

In relazione all’obbligo del trattenimento da parte dell’Ente, vengo distinte due fattispecie:

a) il dipendente non raggiunge il minimo contributivo se si considera esclusivamente il rapporto di lavoro in essere con l’amministrazione, ma raggiunge il diritto alla pensione di vecchiaia in quanto titolare di altri rapporti contributivi

b) il dipendente può far valere un’anzianità contributiva complessiva che risulta insufficiente al raggiungimento del minimo contributivo per la pensione di vecchiaia

Nell’ipotesi a) il Dipartimento della Funzione Pubblica prevede che l’amministrazione deve verificare l’ammontare complessivo dei contributi, consultando gli enti previdenziali di riferimento. Se la somma delle anzianità maturate, complessivamente considerate raggiunge il minimo per il diritto alla pensione di vecchiaia, cumulando o totalizzando i contributi, l’amministrazione deve collocare il dipendente a riposo al compimento dell’età del limite ordinamentale, oppure al raggiungimento del nuovo requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia se il dipendente matura il diritto a pensione ai sensi dell’art. 24 del Dl 201/2011.

(si ritiene debba essere valutata anche la data di accesso alla pensione prevista per la pensione in regime di totalizzazione)

Nella seconda ipotesi, recita ancora il parere della Funzione Pubblica, se il dipendente è titolare di un’anzianità contributiva complessivamente inferiore al minimo per il conseguimento della pensione di vecchiaia, allora il datore di lavoro deve verificare se prolungando il rapporto di lavoro oltre il requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia, sempre entro i 70 anni (limite soggetto agli incrementi della speranza di vita) , il dipendente raggiunga il requisito di anzianità minima contributiva.

Art. 8 L. 53/2000

L’art. 8 della L. 53/2000 prevede che coloro che usufruiscono dei congedi per la formazione previsti dall’art. 5 della medesima legge possono, a richiesta, prolungare il rapporto di lavoro per un periodo corrispondente, anche in deroga alle disposizioni concernenti l’età di pensionamento obbligatoria.

La richiesta deve essere comunicata al datore di lavoro con un preavviso non inferiore a 6 mesi rispetto alla prevista data per il pensionamento

La richiesta deve essere comunicata al datore di lavoro con un preavviso non inferiore a 6 mesi rispetto alla data prevista per il pensionamento.

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