Congedo straordinario per gravi motivi familiari

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Congedo biennale retribuito per assistenza a familiare con handicap in situazione di gravita’

Il congedo straordinario indennizzato per l’assistenza a familiare con handicap in situazione di gravità, introdotto dall’art. 80, comma 2, della Legge n. 388/2000 è previsto nel limite massimo di due anni e rientra, a norma dell’art. 4, comma 2, della legge n. 53/2000, nel congedo ‘‘per gravi e documentati motivi familiari’’.

L’art. 4 del D.Lgs. n. 119 del 18/7/2011 , ha riscritto il comma 5 dell’art. 42 del D.Lgs. n. 151/2001, adeguando la norma alle sentenze della Corte Costituzionale in materia di congedo per l’assistenza a familiari in situazione di gravità accertata ai sensi dell’art. 4, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104.

1 – BENEFICIARI

2 – CONCETTO DI CONVIVENZA

3 – REQUISITI

4 – DURATA DEL CONGEDO

5 – PAGAMENTO DELL’INDENNITA’

Beneficiari

La norma originaria prevedeva che i beneficiari del congedo retribuito di due anni fossero i genitori, anche adottivi o affidatari della persona con handicap grave e i lavoratori conviventi con il fratello o sorella con handicap grave a condizione che entrambi i genitori fossero scomparsi.

Successivamente, sulla base delle pronunce della Corte Costituzionale, è stata ampliata la platea degli aventi diritto.

L’art. 4 del D.Lgs. n. 119 del 2011 ha riscritto il comma 5 dell’art. 42 del D.Lgs. n. 151/2001 e, recependo le indicazioni della Corte costituzionale che si è pronunciata con più sentenze sulla materia, stabilisce un ordine di priorità tra i soggetti legittimati alla fruizione del congedo(coniuge, padre o madre, anche adottivi, figlio convivente, fratelli e sorelle) e le cause di impedimento di questi soggetti che consentono di avanzare al livello ulteriore (mancanza, decesso o patologie invalidanti); la ratio di questa innovazione è quella di radicare la legittimazione alla fruizione del congedo in capo a quei soggetti che per vincolo legale e per grado di parentela si presume siano più vicini anche affettivamente alla persona disabile

L’ordine di priorità è:

  • il coniuge convivente con la persona gravemente disabile
  • il padre o la madre, anche adottivi
  • figli conviventi
  • fratelli o sorelle

Il coniuge: Primo beneficiario individuato è il coniuge convivente con la persona gravemente disabile. Il diritto può permanere anche in caso di separazione in quanto la separazione non incide sull’atto matrimoniale , ma ne determina solo alcuni effetti.

I genitori: naturali, adottivi o affidatari di persone con handicap grave. Spetta in caso di mancanza del coniuge, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente. Ha diritto di fruire del congedo il padre o la madre, anche se non conviventi con il figlio. Non viene previsto alcun limite di età dei genitori. Il beneficio spetta ai genitori in maniera alternativa, in nessun modo contemporaneamente.

I figli: conviventi e in caso di decesso, mancanza o in presenza di patologie invalidanti del padre e della madre, anche adottivi. Nella sostanza i congedi non possono essere concessi ai figli nel caso in cui il genitore con handicap grave, sia sposato e la moglie dello stesso sia presente e non invalida.

I fratelli e le sorelle: mancando i precedenti soggetti il beneficio è previsto per uno dei fratelli o delle sorelle conviventi.

Concetto di convivenza

Il requisito della convivenza è richiesto nel caso che in congedo retribuito sia richiesto dal coniuge, dai fratelli, dalle sorelle o dai figli della persona disabile in situazione di gravità.

Il concetto di convivenza tuttavia non è stato esplicitato dal legislatore. Per convivenza si deve fare riferimento, in via esclusiva, alla residenza, luogo in cui la persona ha la dimora abituale, ai sensi dell’art. 43 cod. civ., non potendo ritenersi conciliabile con la predetta necessità la condizione di domicilio né la mera elezione di domicilio speciale previsto per determinati atti o affari dall’art. 47 c. c. ( msg INPS 19583/2009).

Il Ministero del Lavoro, con lettera circolare del 18 febbraio 2010, prot. n. 3884 afferma: “ al fine di addivenire ad una interpretazione del concetto di convivenza che faccia salvi i diritti del disabile e del soggetto che lo assiste, rispondendo nel contempo alla necessità di contenere possibili abusi e un uso distorto del beneficio, si ritiene giusto ricondurre tale concetto a tutte quelle situazioni in cui, sia il disabile che il soggetto che lo assiste abbiano la residenza nello stesso comune, riferita allo stesso indirizzo: stesso numero civico anche se con interni diversi”

Requisiti

1) essere lavoratori dipendenti e in costanza di attività lavorativa, anche a tempo determinato anche se stranieri, apolidi, residenti, domiciliati o aventi stabile dimora nel territorio nazionale.

2) avere accertata la situazione di gravità dell’handicap del familiare portatore di handicap grave (ai sensi dell’art. 3, comma 3, della legge 104/92), dalla Commissione Medica Integrata

3) mancanza di ricovero a tempo pieno (per le intere 24 ore ) del familiare in situazione di disabilità grave.
Per ricovero a tempo pieno si intende quello, per le intere ventiquattro ore, presso strutture ospedaliere o simili, pubbliche o private, che assicurano assistenza sanitaria continuativa (CIRC. 155/2010).

1) RAPPORTO DI LAVORO IN ESSERE

Il congedo viene riconosciuto al richiedente con prestazione di attività lavorativa in essere. Durante la fruizione del congedo vige il divieto di svolgere alcun tipo di attività lavorativa (art. 4 c 2 legge n. 53/2000).

Con l’interpello n. 30/2010, il Ministero del Lavoro ha riconosciuto che il diritto alla fruizione del congedo straordinario non può essere escluso, a priori, nei casi in cui il disabile svolga, per il medesimo periodo, attività lavorativa. Sottolinea, infatti, il Ministero che la necessità o meno di assistenza, per il periodo di svolgimento dell’attività lavorativa da parte del disabile, andrebbe valutata caso per caso, stante che l’assistenza si può sostanziare in attività collaterali ed ausiliarie rispetto al concreto svolgimento dell’attività lavorativa da parte del disabile, quali l’accompagnamento da e verso il luogo di lavoro, ovvero attività di assistenza che non necessariamente richiede la presenza del disabile, ma che risulta di supporto per il medesimo (ad esempio prenotazione e ritiro di esami clinici).

2) SITUAZIONE DI GRAVITA’ DELL’HANDICAP DEL FAMILIARE

La situazione di gravità dell’handicap è accertata dalla competente A.S.L. ai sensi dell’art. 3, commi 1 e 3 legge n. 104/1992, mediante le commissioni mediche di cui all’art. 1 della legge n. 295/1990 integrate da un operatore sociale, da un esperto in servizio presso le aziende sanitarie locali e, a decorrere dal 01.01.2010 da un medico dell’INPS. .

L’art. 3, comma 3, della legge n. 104/1992 prevede che la situazione assume connotazione di gravità “qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l’autonomia personale, correlata all’età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione”

Il certificato relativo al riconoscimento della situazione di gravità non va confuso con il riconoscimento della invalidità civile al 100% con diritto all’indennità di accompagnamento o di frequenza.

Si ricorda inoltre che il congedo non può essere concesso per un periodo che superi l’eventuale termine di validità dello stesso certificato.

Con la legge 24/12/2003 n. 350 art. 3 comma 106 è stato abrogato, con decorrenza dal 1.1.2004, il requisito dell’accertamento dell’handicap da almeno 5 ANNI.

3) MANCANZA DI RICOVERO A TEMPO PIENO

Per la fruizione del beneficio occorre inoltre che l’assistito non sia ricoverato a tempo pieno.

Per ricovero a tempo pieno si intende quello, per le intere ventiquattro ore, presso strutture ospedaliere o simili, pubbliche o private, che assicurano assistenza sanitaria continuativa. Nella nuova formulazione, con le modifiche introdotte dal D. lgs 119/2011, il congedo è accordato a condizione che la persona da assistere non sia ricoverata a tempo pieno, salvo che, in tal caso, sia richiesta dai sanitari la presenza del soggetto che presta assistenza.

Si precisa che le altre ipotesi, per consolidata prassi che fanno eccezione sono:

– interruzione del ricovero a tempo pieno per necessità del disabile in situazione di gravità di recarsi al di fuori della struttura che lo ospita per effettuare visite e terapie appositamente certificate (ipotesi prevista dal messaggio INPS n.14480 del 28 maggio 2010);

– ricovero a tempo pieno di un disabile in situazione di gravità in stato vegetativo persistente e/o con prognosi infausta a breve termine.

Durata del congedo

L’art. 42 comma 5 bis del Decreto Legislativo 151/200 come modificato dal Decreto Legislativo 119 del 18/7/2011 stabilisce che il congedo non può superare la durata complessiva di due anni per ciascuna persona portatrice di handicap e nell’arco della vita lavorativa.

Durata complessiva di due anni: la prestazione è riconoscibile per il limite massimo di due anni, che costituiscono anche il limite complessivo fra tutti gli aventi diritto, per la medesima persona non abile.

I periodi di congedo retribuito di cui trattasi, rientrano nel limite massimo globale spettante a ciascun lavoratore ai sensi dell’art. 4, comma 2 della Legge 53/2000 di due anni di permesso, anche non retribuito per gravi e documentati motivi familiari.

L’INPS, nella circolare 64/2011 precisa che, trattandosi di un limite massimo individuale , ad un lavoratore che nel tempo avesse già fruito di un anno e quattro mesi di permessi non retribuiti per gravi e documentati motivi familiari, il congedo straordinario retribuito potrebbe essere concesso solo nel limite di otto mesi

Per ciascuna persona portatrice di handicap: Il lavoratore che debba assistere due familiari con handicap non può godere del raddoppio e cioè di quattro anni di astensione retribuita.

FRAZIONABILITA’ : I periodi di congedo previsti nel massimo di due anni, possono essere usufruiti in modo continuativo o frazionato, anche a giorni interi.

Per il computo dei periodi di congedo frazionati a giorni o a settimane, il calcolo delle giornate deve tenere conto anche dei giorni festivi, nel caso in cui non vi sia effettiva ripresa del lavoro nella prima giornata lavorativa successiva.

Se il congedo viene richiesto dal lunedì al venerdì e il lunedì successivo lavorativo non si rientra in servizio, vengono computati nel monte giornate complessive di congedo anche il sabato, la domenica o gli altri giorni festivi (circolare INPS N. 64/2001). Tra un periodo di assenza e il successivo è necessaria l’effettiva ripresa del lavoro (circolare INPDAP n. 31/2004).

PERSONALE IN REGIME DI PART-TIME VERTICALE

In caso di part-time verticale la durata del congedo deve essere riproporzionata sulla base delle giornate lavorative  del dipendente  per tutto il periodo  in cui il lavoratore  presta la sua opera in regime di part-time, la cui durata è fissata in precedenza. Il conteggio  dovrebbe comprendere solo i mesi o le giornate coincidenti con quelli lavorativi. Le festività, le domeniche e le giornate del sabato (nel caso di articolazione dell’orario su 5 giorni la settimana) ricadenti nel periodo non lavorativo dovrebbero essere escluse dal conteggio, con eccezione di quelle immediatamente antecedenti e seguenti il periodo, se al termine del periodo stesso non si verifica la ripresa del servizio ovvero se il dipendente ha chiesto la fruizione del congedo in maniera continuativa.

Nel caso di ritorno a tempo pieno, il periodo di congedo già fruito andrà poi riproporzionato, rapportandolo  alla situazione di rapporto di lavoro a tempo pieno e detratto dal complessivo periodo biennale per il calcolo del congedo residuo ancora fruibile dal dipendente.   Le indicazioni sono state fornite con parere DFP 0036667 del 12/09/2012  della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Funzione Pubblica

Pagamento dell’indennità

Durante il periodo di congedo, il richiedente ha diritto a percepire un’indennità corrispondente all’ultima retribuzione percepita, (cioè riferita all’ultimo mese che precede il congedo) comprensiva del rateo di emolumenti non riferibili al solo mese considerato, e cioè quelli relativi a tredicesima mensilità (ed eventuale quattordicesima mensilità) sempre che la stessa, rapportata ad un anno sia inferiore o pari al limite massimo di erogabilità. In pratica si farà riferimento alle voci  fisse e continuative  del trattamento.

L’indennità è corrisposta dagli enti datori di lavoro secondo le modalità previste per i trattamenti economici di maternità. Per gli iscritti INPDAP quindi il pagamento della indennità sarà a carico del datore di lavoro pubblico e, a fronte del pagamento di retribuzioni nei casi di congedo tutelati dalla legge, devono essere versati i relativi contributi. (circolare INPDAP n. 2 del 10.1.2002)

Per i lavoratori privati iscritti all’INPS il periodo medesimo è coperto da contribuzione figurativa.
L’indennità e la contribuzione figurativa, la indennità erogata dal datore di lavoro pubblico comprensiva degli oneri riflessi, spettano fino a un importo complessivo massimo di euro 44.276,33 annui per l’anno 2011 (nota operativa 4 del 9 /2/2011). Il Ministero del Lavoro con nota n. 90144 del 24.3.2003 ha ritenuto applicabile anche agli iscritti INPDAP il limite stabilito dalla norma per le indennità e la contribuzione fissato inizialmente dal 2001 in L. 70.000.000

IMPORTI DELLA INDENNITA’

ANNO

IMPORTO COMPLESSIVO ANNUO

IMPORTO MASSIMO INDENNITA’ al netto contributi

2001

36.151,98

 

2002

37.128,09

 

2003

38.019,16

 

2004

38.969,64

 

2005

39.749,03

 

2006

40.424,77

 

2007

41.233,27

 

2008

41.934,22

 

2009

43.276,13

 

2010

   

2011

44.276,33

35.764,40 *

Il calcolo dell’importo massimo della indennità erogabile al netto dei contributi, è stato effettuato considerando la seguente percentuale di  contribuzione a carico del datore di lavoro

INPDAP Cassa Pensioni = 23,80%

DS = 1,61% (solo in caso di tempo determinato)

INADEL TFR TFS = no perché il periodo è INTERRUTTIVO

FPC = 0,35 tutto a carico del DIPENDENTE

Quindi valutiamo la contribuzione a carico dell’ente (eccetto che per i TD peri quali occorre calcolare anche il contributo DS) nella misura del 23,80%


100: 123,80 = x : 44.276,33 = 35.764,40

Infatti 35.764,40 X 23,80% = 8.511,92 contributi a carico datore di lavoro

35.764,40 + 8.511,92 = 44.276,33 Importo complessivo indennità e contribuzione

Esempio: Congedo straordinario dal 3 al 22 ottobre 2011 (considerando che gli stipendi vengono pagati in 26esimi)

La retribuzione riferita al mese che precede il congedo, fissa e continuativa, moltiplicata per 13 mensilità determina un importo superiore all’indennità massima (ad esempio € 80.000)

L’importo da erogare è fissato nella misura massima annuale di € 35.764,40

€ 35.764,40 : 13 = mensile € 2.751,10 / 26 X 18 giorni = 1.904,61

Rateo 13° € 2751,10/365* 20 = 150,74

A fine anno, dalla tredicesima globale va detratto l’importo già erogato.


L’incidenza del congedo sugli istituti contrattuali

Il periodo di congedo straordinario non rileva ai fini della maturazione delle ferie e della tredicesima mensilità. Deve infatti ritenersi applicabile l’art. 34, comma 5 del D.Lgs 151/2001, espressamente richiamato dall’art. 43 dello stesso decreto legislativo che estende a tale ambito la regola propria dei congedi parentali, secondo la quale questi ultimi non producono effetti ai fini della maturazione delle ferie e della tredicesima mensilità.

Il congedo, utile ai fini del trattamento di quiescenza non è invece valutabile ai fini del trattamento di fine rapporto o di fine servizio.

Il datore di lavoro pubblico paga direttamente l’indennità e versa la relativa contribuzione. (non interviene l’istituto della contribuzione figurativa come per gli iscritti INPS) e quindi il periodo è utile ai fini del diritto e della misura della pensione.

Il congedo può essere richiesto anche in modo frazionato

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